martedì 22 gennaio 2013

Ancora su sentenza CGR-L'Aquila

Per discutere compiutamente sulla sentenza CGR-L'Aquila ci vorrebbe un super esperto con due lauree, una in geofisica ed una in giurisprudenza.
Io ero convinto che la responsabilità penale fosse individuale, ma questa sentenza sembra dovermi convincere che ci sono dei concorsi di colpa per cui uno diventa responsabile assieme a un gruppo in cui è "psicologicamente" coinvolto.
Avendo solo una delle due lauree, commento prima quello che penso di sapere e poi quello che so di non sapere, ma che mi sembra il punto focale nel dibattito su "l'asservimento della scienza".
1) Nella sentenza, la lunga disquisizione sugli effetti del terremoto manca di un aspetto fondamentale: la variabilità locale degli effetti del terremoto. Il giudice si informa tramite esperti su accelerazioni di picco ed altri parametri del moto del suolo e conclude che visto che gli edifici crollati sono una piccola percentuale, il terremoto non ha avuto niente di anomalo. Vero solo in parte, se guardiamo a dove sono crollati gli edifici. Molte delle vittime i cui familiari erano parte civile nel processo erano residenti ad Onna. Chiunque abbia lavorato sulla zona colpita dal sisma del 2009 sa benissimo che Onna è un caso emblematico di localizzazione degli effetti: in un km di distanza si passa dal VI grado di intensità a Monticchio al IX grado di Onna. Onna è stato uno dei centri più studiati durante la fase di microzonazione per la ricostruzione, e gli effetti di amplificazione di sito sono stati molto evidenti in quella ed altre località. Tra i molti articoli pubblicati al riguardo ne segnalo due liberamente scaricabili: Boncio et alii e Gallipoli et alii.
2) Il giudice tiene a precisare che non usa il senno di poi e non esamina gli imputati sapendo che c'è stato un terremoto che al momento della riunione della CGR non si sapeva se sarebbe avvenuto. Però c'è un fantasma che si agita ed è la famosa scossa "premonitrice" della notte prima. Quella scossa di magnitudo superiore a 3 che allarma la popolazione potrebbe benissimo non esserci stata, non è quella a determinare l'occorrenza del terremoto. Ma nel momento in cui avviene nessuno avrebbe potuto dire che da lì a qualche ora sarebbe arrivata la scossa principale (ad esempio, c'era stata un'altra scossa di magnitudo 3 due giorni prima, menzionata anche nella sentenza). Il fatto che le persone siano rimaste in casa dopo quella scossa perchè rassicurate è il filo conduttore del processo. Ma se quella scossa non ci fosse stata le persone sarebbero rimaste in casa comunque e l'intero processo non si sarebbe tenuto? La disinformazione di cui sono accusati gli esperti diventa tale solo se c'è una scossa premonitrice (che diventa tale con il senno di poi)? Sono per me alcuni misteri della azione penale, che hanno il loro simmetrico nelle indagini che non si sono svolte per le case crollate senza fare vittime (gli esempi più noti a San Gregorio e la scuola di Goriano Sicoli). Alla magistratura sembra non interessare se ci sono stati degli illeciti nella progettazione e realizzazione a meno che non ci siano state vittime. Vedremo più avanti che in effetti al giudice non interessa se le case sono costruite male.
3) Il giudice impiega decine di pagine arrampicandosi su singole parole per trovare una rassicurazione che non è così evidente dal verbale della CGR. Alcuni esperti (e qui torniamo alle responsabilità dei singoli) esprimono a verbale la loro preoccupazione e non rassicurano affatto. La storia dello scarico di energia come evento favorevole non sta scritta da nessuna parte nel verbale dlla CGR. La preoccupante innovazione della sentenza è l'obbligo di apparire in televisione. Al responsabile del Centro Nazionale Terremoti non viene chiesto di fare il suo lavoro, raccogliere dati, presentarli ad una commissione, mettere dichiarazioni a verbale e tornare a fare il suo lavoro. No, avrebbe dovuto fare la rassegna stampa di giornali e radio e, anziché leggere sismogrammi, passare il tempo a chiedere di apparire in TV a smentire il vice capo della Protezione Civile a cui per legge spetta l'obbligo della comunicazione. Se la comunicazione non riporta fedelmente quanto messo a verbale, il giudice non dovrebbe farne un caso di responsabilità personale? A me sembra più preordinata la sentenza che non la riunione. Ma come, il Pubblico Ministero ha sul banco degli imputati Bertolaso e chiedendogli della famosa intercettazione telefonica spende tempo a disquisire su "operazione mediatica in che senso" e non gli chiede con chi fosse d'accordo?  Bertolaso nell'intercettazione fa tre nomi su sette, e nessuno gli chiede "scusi, giusto prima di condannarli per omicidio, lei era veramente d'accordo con quei tre? E nel caso di risposta affermativa, lei era d'accordo anche con gli altri quattro?". Anche perché leggendo il verbale con il senno di poi si scopre che sarà un caso, ma i meno preoccupati sembrano proprio i tre dell'intercettazione, mentre quelli che fanno dichiarazioni più preoccupate sono gli altri quattro. Tra assolvere tutti gli imputati o condannarli tutti ci sarebbe anche la possibilità di condannare gli eventuali colpevoli e assolvere gli innocenti, ma sembra che questo non interessi a nessuno. Sentenza esemplare o liberi tutti.

Infine riporto per chi non avrà tempo e voglia di leggersi tutta la sentenza il paragrafo secondo me più preoccupante (pagg. 296-297),  che contemporaneamente delegittima gli sforzi per il miglioramento del patrimonio edilizio e assolve preventivamente gli amministratori pubblici che non sono intevenuti sugli immobili di loro pertinenza:
"La tesi secondo la quale l’attività di riduzione del rischio sismico consiste solo nel miglioramento delle norme sismiche, negli interventi di consolidamento strutturale preventivo e nella riduzione della vulnerabilità delle struttureesistenti ... dunque, non costituisce solo oggetto di una eccezione difensiva ma rappresenta, secondo gli imputati, il prevalente, se non addirittura l’unico, strumento di mitigazione del rischio sismico. Tale tesi difensiva appare assolutamente infondata. In tema di valutazione e di mitigazione del rischio sismico, l’affermazione secondo la quale “l’unica difesa dai terremoti consiste nel rafforzare le costruzioni e migliorare le loro capacità di resistere al terremoto” appare tanto ovvia quanto inutile.
...
Tale affermazione è inutile perché fornisce una indicazione non attuabile in concreto e pressochè impraticabile. I Comuni italiani, quasi tutti caratterizzati da estesi centri storici risalenti nei secoli, richiederebbero, per rafforzare le costruzioni esistenti e migliorare la loro capacità di resistere al terremoto,risorse finanziarie talmente ingenti da risultare concretamente indisponibili.
Per quanto riguarda, più specifcamente, la città di L’Aquila, la particolarità del suo patrimonio edilizio, analiticamente descritta nel cd. Rapporto Barberi, rende evidente come non è seriamente attuabile il proposito di ridurre il rischio sismico attaverso il richiamo alla attività di “messa a norma”. Per tali motivi non appare possibile sostenere che la diffusione del cd. Rapporto Barberi possa aver determinato l’esaurimento dei compiti di analisi del rischio e di corretta e completa informazione gravanti sugli imputati alla data del 31.3.09 e che, a partire da tale diffusione, possono confgurarsi profli di responsabilità solo per gli amministratori pubblici che non hanno provveduto all’adeguamento sismico degli edifci.
"

domenica 20 gennaio 2013

Alcune considerazioni sulla sentenza sul terremoto Aquilano

E' stata pubblicata la sentenza sull'operato della Commissione Grandi Rischi. Sono quasi 900 pagine di non facile lettura, date le molte ripetizioni e tecnicismi giuridici.
Prima o poi la leggerò tutta, ma mi sono già imbattuto in una affermazione sconcertante.
Il giudice chiarisce una volta per tutte che "non è sottoposta a giudizio la scienza per non essere riuscita a prevedere il terremoto del 6.4.09. Già si è detto che le conoscenze scientifche attuali non consentono una previsione deterministica dei terremoti, ossia non consentono di prevedere con precisione l’anno, il mese, il giorno, l’ora, il luogo, la magnitudo e la profondità di un terremoto"
Poco dopo però contesta agli imputati un comportamento omissivo, per non aver correttamente valutato il rischio e in particolare dice che "la legge non esigeva una riposta in termini di certezza scientifca sulla previsione del terremoto, ma una valutazione del rischio in termini di completezza e adeguatezza. E, come detto, vi è una grande differenza tra la prevedibilità di un terremoto e la prevedibilità del rischio: il terremoto è un fenomeno naturale non prevedibile; il rischio è una situazione potenziale analizzabile".
Ora può anche darsi che nell'avere tenuto per 10 anni il corso di Sismologia Applicata al corso di Laurea in Rischi Naturali di una Facoltà di Ingegneria io abbia insegnato sempre la cosa sbagliata, ed altrettanto abbiano fatto i colleghi del corso di Rischio Sismico, ma quello che si insegna come definizione accettata del rischio è:
R=P*V*E
ovvero il rischio è dato dalla convoluzione di tre fattori: Pericolosità, Vulnerabilità ed Esposizione (impostazione peraltro condivisa nella sentenza)
L'esposizione considera la quantità delle persone ed il valore complessivo dei beni esposti a rischio.
La vulnerabilità definisce la possibilità che un edificio o una struttura complessa subiscano dei danni a fronte di un evento e la pericolosità è la probabilità che si verifichi un evento.
Nel caso di terremoto la pericolosità è definita dalla probabilità che si abbia il superamento di un determinato livello del moto del suolo (intensità, accelerazione o altro)  in un fissato periodo di tempo. La carta di pericolosità nazionale alla base della normativa esprime proprio questa probabilità per periodi di tempo standard (475anni, 2475 anni, ecc.). Se si riduce il tempo ad un periodo molto breve (chiedendosi cosa succederà entro una o due settimane) di fatto si deve valutare la possibilità che avvenga o meno un certo terremoto, ovvero (al netto di tutti i problemi di direttività, effetti di sito, ecc.) si dovrebbe poter fare proprio quella previsione che il giudice ritiene impossibile. In alternativa, considerato il limitato numero di sequenze sismiche che precede un forte terremoto (secondo le varie opinioni da 2 su 100 a 2 su 1.000) l'occorrenza di una sequenza sposta la probabilità di molto in termini relativi, ma lasciandola comunque bassa: se aumenta 100 volte, ma prima dello sciame era 1 su un milione, dopo diventa 1 su 10.000. E quali azioni si intraprenderebbero di fronte a una possibilità su diecimila che avvenga un fatto?
Ridurre il rischio diventa quindi un fatto legato alla diminuzione della vulnerabilità (costruire bene e su terreni non amplificativi) ed alla gestione della esposizione (non costruire vicino alle faglie attive o delocalizzare edifici o strutture importanti). Ma nella sentenza si dice che limitarsi al "richiamo circa la necessità di ”rafforzare le costruzioni e migliorare le loro capacità di resistere al terremoto” .. ricorda più una clausola di stile che un intento concretamente attuabile."
Dal verbale CGR e dagli interrogatori emerge che erano chiari i problemi di vulnerabilità ed esposizione all'Aquila. Quindi su cosa si poteva intervenire, se i terremoti non sono prevedibili
Se il giudice ha questa concezione del rischio, si arriva ad un paradosso. Un esempio sui vulcani: la comunità scientifica ripete da anni che c'è troppa esposizione al rischio vulcanico (le case sulle pendici del Vesuvio) e che la vulnerabilità di un edificio di fronte ad una colata di lava è totale. Se domani avvenisse una eruzione improvvisa che non ha dato modo di registrare segnali precursori, diremmo che la responsabità dei danni e delle vittime sarebbe dei ricercatori? O di chi ha costruito abusivamente case su di un vulcano attivo?